Come magari capiterà anche a te che stai leggendo, faccio parte di quel gruppo di persone che non riescono a staccare mentalmente dal lavoro neanche nel tempo libero. Che si tratti di una cena con amici o una passeggiata al parco, se per qualche motivo si parla di case, non perdo mai l’occasione per offrire consigli e suggerimenti.
Con tutti i miei clienti, ad esempio, ripeto ossessivamente che prima di mettere in vendita la casa, devono avere a disposizione tutti i documenti necessari.
E sai quale è il documento più discusso negli ultimi anni?
Il certificato di agibilità, chiamato anche di abitabilità.
Recentemente sto facendo delle vere e proprie crociate sul certificato di agibilità, perché si tratta di un documento controverso… e poi capirai il perché.
Se sei finito qui è perché anche a te interessa saperne di più e nelle prossime righe proverò a svelarti tutto quello che c’è da sapere.
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A cosa serve il certificato di agibilità?
Limitandoci ad una definizione da dizionario, possiamo dire che il certificato di agibilità è un documento che attesta la presenza delle migliori condizioni di igiene, sicurezza, salubrità e risparmio energetico all'interno di un immobile.
Se lo si guarda dal punto di vista delle “intenzioni”, quindi, il certificato di agibilità è un documento fondamentale, perché assicura che quel determinato immobile rispetti tutte le normative vigenti (tipicamente: avvenuta prosciugatura dei muri, salubrità degli ambienti, conformità degli impianti installati, collaudo statico della struttura, conformità rispetto al superamento delle barriere architettoniche) e non rappresenti quindi un pericolo per la nostra salute.
Nella patria della burocrazia quale è l’Italia, tuttavia, il certificato di agibilità può rappresentare un problema nella fase di compravendita di un immobile.
Senza contare che, avendo anche un costo, il certificato di agibilità spesso può scaturire delle vere e proprie faide fra compratore e venditore su chi debba accollarsi tale spesa (se il termine “faida” ti sembra un’esagerazione frutto di una visione eccessiva di serie TV basate su storie criminali, prova a fare l’agente immobiliare solo per qualche anno e poi ne riparliamo).
Chi rilascia il certificato di agibilità
Sull’argomento poi torneremo specificatamente più avanti: al momento ti basti sapere che fino al 2013 l’agibilità di un immobile era rilasciata direttamente dal sindaco, ovviamente su istanza del tecnico.
Successivamente, grazie al famoso Decreto del Fare (legge 69/2013) [1], che ha inaugurato quella che chiamo “l’era delle autocertificazioni”, è entrata in vigore la SCA.
Con la SCA, acronimo di Segnalazione Certificata di Agibilità, il direttore dei lavori si assume la totale responsabilità circa l’agibilità dell’immobile, redigendo per appunto un’autocertificazione che attesta la sussistenza di tutti i requisiti previsti a norma di legge.
Il fatto che il vecchio certificato di agibilità sia stato trasformato in questi ultimi anni in un’autocertificazione ovviamente non significa che geometri, ingegneri o affini possano fare quello che gli pare. Visto quello che rischiano, i professionisti con cui ho avuto a che fare nel mio lavoro di agente immobiliare non redigono mai “SCA improvvisate”, quindi posso affermare sulla mia esperienza che i casi di SCA invalidate sono assai remoti.
Dal punto di vista formale, il certificato di agibilità deve essere presentato presso lo sportello Edilizia e Urbanistica del comune di riferimento entro 15 giorni dalla fine dei lavori, siano essi relativi a una nuova costruzione o a una semplice ristrutturazione. A decorrere dalla data di presentazione, entro 180 giorni l’ASL, su richiesta del Comune, dovrà effettuare l’ispezione per verificare che i requisiti di agibilità ci siano fattivamente tutti.
Altro aspetto interessante del certificato di agibilità è la sua “frazionabilità”.
Si può infatti depositare una richiesta di SCA non solo per interi edifici ma anche per singole unità familiari, a patto che siano autonome e che possano vantare il rispetto delle norme vigenti anche nelle parti comuni.
Per esprimerti il concetto in termini ancora più semplici, ti faccio un esempio: prendiamo come riferimento un appartamento di un condominio, che ha tutte le utenze in autonomia ad eccezione del riscaldamento, di carattere appunto condominiale. Se l’impianto di riscaldamento, di responsabilità del condominio, non rispettasse le norme vigenti in termini di sicurezza, l’appartamento in oggetto non potrebbe mai avere l’agibilità, seppur sul fronte autonomo rispetti tutte le regole.
Il caso che ti ho posto può sembrare limite, ma ti assicuro che è molto più frequente di quello che immagini, e fa parte di quel gruppo di motivazioni che sistematicamente trasformano le assemblee di condominio in vere e proprie “guerre fredde” (in alcuni casi pure “calde”, almeno sotto l’aspetto delle invettive).
Che differenza c’è fra abitabilità e agibilità?
A proposito dell’argomento che stiamo affrontando, ti potrà capitare più volte di vedere sovrapposti nei vari testi i termini di “abitabilità” e “agibilità”.
Dal punto di vista formale, tale differenza è derivante esclusivamente dalla categoria catastale dell’immobile di riferimento: quando parliamo di unità abitative è più corretto parlare di “abitabilità”, mentre per tutte le altre categorie catastali si parla di “agibilità” (locali commerciali, garage, box auto, edifici pubblici e così via).
Nella sostanza, non c’è differenza tra abitabilità e agibilità, o almeno non è più determinate a partire dal 2013, quando la SCA ha unificato e soppiantato i termini di abitabilità e agibilità.
Del resto, anche nella pratica, i requisiti di sicurezza previsti, ad esempio, in un garage o in una scuola, sono simili a quelli che deve rispettare un semplice appartamento, quindi qualsiasi differenziazione era ed è inutile.
Come sapere se un immobile ha il certificato di agibilità?
Mi sembra quindi evidente che un potenziale compratore, prima di investire quelli che potrebbero essere i risparmi di una vita, voglia avere tutte le assicurazioni possibili circa la completezza della documentazione di un immobile, compreso quindi anche il certificato di agibilità.
Come sapere se un edificio è dotato di certificato di agibilità?
In un mondo perfetto, questo quesito sarebbe di facile risoluzione: basterebbe chiedere al venditore. Nella realtà, tuttavia, il venditore potrebbe non essere in possesso di tale certificato, e il bello è che la cosa non è necessariamente frutto di malafede (sul perché alcuni immobili non abbiano l’agibilità ma siano comunque in regola ci torneremo più avanti).
A dire il vero, non esiste un iter univoco, ma in linea generale possiamo dire che è sufficiente rivolgersi all’ufficio di edilizia e urbanistica del Comune ove è ubicato l’immobile e chiedere come si possa fare tale verifica. Come sappiamo, infatti, l’archivio dei certificati di agibilità (digitale e/o cartaceo) è in possesso al Comune, e solo quest’ultimo può quindi dissipare il dubbio.
A Milano il certificato di agibilità è online
Vivo a Milano da una vita, non manco mai di muovere critiche a una città che comunque mi ha adottata, anzi spesso sono persino troppo severa. Al tempo stesso, però, devo riconoscere che, soprattutto rispetto a tante altre realtà italiane, la “mia” città è all’avanguardia è può essere presa come esempio positivo.
Ad esempio,
per tutti gli immobili che sono stati costruiti dal 1926, il Comune di Milano offre la possibilità di scaricare direttamente dal web il certificato di agibilità, attraverso il servizio Agibilità Online [
2].
Ogni certificato di agibilità scaricato riporta gli estremi del titolo abilitativo (concessioni e licenze edilizie), il numero dei vani, gli eventuali piani accessori e le destinazioni d’uso.
Una chicca riguarda gli anni di costruzione degli immobili: mentre in tutta Italia il certificato di agibilità è entrato in vigore nel 1934, a Milano questo era già presente nel 1926. Va da sé che per gli immobili ante 1926 non c’è obbligo di certificato di agibilità.
Al tempo stesso, tutti gli immobili costruiti dopo il 1993 sono confluiti nell’attuale Segnalazione Certificata di Agibilità (in questo caso addirittura vent’anni prima del resto d’Italia), quindi per questi ultimi vale la sola protocollazione della richiesta.
Come richiedere il certificato di agibilità?
Se in un precedente paragrafo abbiamo sondato la possibilità di verificare “l’esistenza” di un certificato di agibilità attraverso gli appositi uffici comunali, in queste righe vedremo come richiedere direttamente una copia del certificato di agibilità.
Va da sé che la richiesta del certificato di agibilità può essere presentata solo dal proprietario dell’immobile, che ovviamente delega un tecnico specializzato a redigere la famosa Segnalazione Certificazione di Agibilità.
Al momento della richiesta al Comune, la SCA deve essere corredata di:
- Dichiarazione in cui si attesta la salubrità degli ambienti.
- Attestato di certificazione elettrica, redatto dal tecnico responsabile dell’installazione.
- Attestato di conformità degli impianti redatto dallo specialista responsabile dell’installazione.
- Ricevuta della domanda di accatastamento dell’edificio.
Per i tecnici specializzati, redigere una SCA e produrre la relativa documentazione è tutto sommato semplice. La nota dolente è per il proprietario dell’immobile, che deve sostenere le spese per la richiesta del certificato di agibilità.
Quanto costa un certificato di agibilità
Il costo di un certificato è correlato alla grandezza dell’edificio: solo per marche da bollo e costi di segreteria il Comune può esigere in media 150 euro. A questa spesa si devono aggiungere i costi di verifica degli impianti (fra gli 80 e i 300 euro), quelli di collaudo (fra i 400 e i 4000 euro) e l’onorario del tecnico, che da solo può arrivare addirittura a 1500 euro.
Pensa poi se dopo aver speso tutti questi soldi si scopre che l’edificio non può ottenere l’agibilità!
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Cosa fare se manca il certificato di agibilità?
Adesso parliamo di un piccolo dramma professionale che periodicamente mi trovo ad affrontare: la mancanza del certificato di agibilità.
Cosa fare?
Lasciarsi prendere dal panico?
La confusione dovuta alla obbligatorietà del certificato di agibilità è dovuta alla differenza tra quanto sostiene la legge in materia edilizia e la giurisprudenza in tema di compravendita.
Vediamo di fare chiarezza.
Il Decreto del Presidente della Repubblica no. 380 del 6 giugno 2001 [3] (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) è entrato in vigore definitivamente il 30 giugno 2003 ed, abrogando tutte le leggi precedenti, ha fatto chiarezza.
Da un punto di vista strettamente edile, il certificato di agibilità è obbligatorio per gli edifici nuovi costruiti dopo il 30/06/2003, le ricostruzioni o sopraelevazioni (totali o parziali) e per gli interventi sugli edifici esistenti che impattano sulle condizioni di igiene e sicurezza.
Questo è quanto dice la legge in materia edilizia, sgombrando di fatto la confusione che si era generata. L’aspetto formale sul certificato di agibilità è così risolto.
Pertanto, qualora il venditore si rifiuti di consegnare il certificato per sua volontà o per inerzia del Comune, l’acquirente può rifiutarsi di stipulare l’atto di compravendita finale e pretendere la restituzione del doppio della caparra confirmatoria versata, oppure confermare l’acquisto e richiedere il risarcimento dei danni.
Questo è quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Cassazione, n. 24386 del 8 febbraio 2016 e dalla Sentenza della Cassazione Civile, sez. II, 11 ottobre 2013, n. 23157: la vendita di un immobile privo di certificato di agibilità configura una vendita di cosa in parte o del tutto diversa da quella promessa nel contratto.
Ora affrontiamo l’aspetto sostanziale dell’agibilità.
E’ pur vero che il certificato di agibilità non è obbligatorio per gli edifici ante 2003, ma se mi hai promesso in vendita un’abitazione residenziale e questa non soddisfa i requisiti minimi di abitabilità (aspetto sostanziale della agibilità), allora posso rivalermi.
In particolare, l’agibilità sostanziale è soddisfatta una volta che la casa di civile abitazione promessa in vendita è dotata di tutte quelle caratteristiche atte ad utilizzarla come residenza appunto; tipicamente: il bagno, le finestre, le altezze minime dei soffitti, ecc.
Per rispondere alla domanda “Cosa fare se manca il certificato di agibilità?” vedo di distinguere i seguenti casi:
Edificio ante 1934
I certificati di agibilità sono comparsi per la prima volta nell’ordinamento urbanistico solo nel 1934. Pertanto, se si sta vendendo un immobile ante 1934, il certificato di agibilità non è presente, e di conseguenza non è obbligatorio. In luogo del certificato di agibilità è quindi sufficiente esibire un documento che attesti la costruzione ante 1934.
Edificio ante 1967
Fino al 1967, i certificati di agibilità venivano rilasciati direttamente dal sindaco senza alcuno consulto con tecnici specializzati. Questo quindi significa che gli edifici eretti fra il 1934 e il 1967 magari hanno il certificato di agibilità, ma quasi sicuramente non è conforme con le normative attuali.
Pertanto, il certificato di agibilità “prima maniera” può ritenersi comunque valido, a patto che non vi siano stati peggioramenti igienico sanitari a seguito di nuovi interventi.
Edificio tra il 1967 ed il 2003
In caso di mancanza del certificato, in questo caso bisogna porsi una domanda ovvero: il certificato non è mai stato richiesto, oppure è stato richiesto, ma è stato rifiutato? Nel secondo caso, bisogna capire perché sia stato rifiutato e se pertanto l’immobile non sia più adatto allo scopo per il quale è stato promesso in vendita.
In altre parole, l’acquirente deve valutare se l’immobile promesso in vendita è adatto ai suoi scopi. Infatti l’edificio risale ad un epoca di costruzione in cui l’abitabilità non era obbligatoria e se fosse richiesta ora il Comune potrebbe non rilasciare il certificato, perché l’edificio non rispetterebbe le normative.
Quindi…
La presenza del certificato di agibilità attesta formalmente la possibilità di utilizzare l’immobile per uno scopo preciso, viceversa la mancanza dello stesso non per forza comporta l’assenza di agibilità; in tal caso, bisogna indagare sul motivo di tale mancanza!
Qui un video chiarificatore del Notaio Massimo d'Ambrosio:
Chi paga il certificato di agibilità mancante in caso di compravendita in atto?
Eccoci arrivati a quello che è un quesito fra i più richiesti nell’ambito delle transazioni immobiliari: cosa succede se in una compravendita manca il certificato di agibilità?
A chi tocca pagarlo?
Per fornire una risposta univoca a questi ed altri quesiti, è sufficiente vedere come la legge (e soprattutto alcune sentenze della Corte di Cassazione) si esprime a riguardo.
Secondo la normativa vigente, l’agibilità di una casa costruita dopo il 2003 è un requisito essenziale che deve essere assolutamente garantito dal venditore. Questo significa che il compratore può richiedere la risoluzione del contratto in qualsiasi momento se il certificato di agibilità fosse previsto e non fosse stato prodotto dal venditore.
La possibilità di risoluzione è valida anche in quei casi in cui il certificato di agibilità non sia espressamente menzionato nel contratto fra le parti. Sull’argomento la Cassazione si era già espressa chiaramente con la pronuncia numero 8199 dell’11 agosto 1990, ribadendo un concetto analogo anche nella più recente sentenza numero 622/19 del 14 gennaio 2019.
La mancanza del certificato di agibilità può essere un doppio danno per il venditore: oltre al mancato affare che a quel punto si materializzerebbe, lo stesso sarebbe obbligato alla restituzione del doppio della caparra, come prevede la normativa a riguardo, con tutto quello che ne consegue.
Ci tengo a precisare che lo scenario appena descritto, ove il venditore non fornisce il certificato di agibilità, non è necessariamente frutto di malafede da parte di chi vende. Chiunque abbia un minimo di esperienza con gli uffici comunali sa benissimo che i tempi di elaborazione delle varie pratiche sono particolarmente lunghi.
Può quindi capitare che il venditore, avendo smarrito il certificato di agibilità, ne chieda copia all’ufficio competente del Comune, e che questi lo produca in tempi troppo lunghi rispetto a quanto previsto dalla compravendita: anche in questo caso il compratore può ottenere la risoluzione, seppur il venditore non abbia tutte le colpe.
Con queste premesse, la conclusione logica è abbastanza ovvia: il certificato di agibilità è totale responsabilità del venditore, che quindi deve assumersi anche l’onere delle spese relative alla redazione del medesimo.
Ecco perché, come ti scrivevo all’inizio, sono così ossessiva con i miei clienti circa la completezza della documentazione relativa a casa propria: nelle transazioni immobiliari anche le “dimenticanze” possono costare caro!
Il certificato di agibilità è necessario si o no?
Il certificato di abitabilità (o agibilità se preferisci) è necessario e deve essere fornito obbligatoriamente per gli edifici costruiti dopo il 30.06.2003, o per quelli già esistenti per i quali sono stati effettuati interventi edilizi particolari.
Il certificato di agibilità non è necessario per le costruzioni più vecchie del 2003; in particolare per quelle realizzate prima del 1934 non esiste neanche.
E’ obbligatorio il certificato di agibilità per la vendita?
No. Il certificato di agibilità non è un documento obbligatorio, come ad esempio l’APE (Attestato di Prestazione Energetica). Pertanto è possibile andare a rogito anche senza certificato, seppur l’acquirente potrà rivalersi.
Quando il certificato di agibilità non è necessario
Togliamo subito ogni dubbio.
Un immobile costruito prima del 30.06.2003 può essere venduto anche senza il certificato di abitabilità. Non c’è una legge che lo rende obbligatorio, ma negli ultimi anni la giurisprudenza ha considerato il certificato di agibilità una maggior garanzia per l’acquirente.
In altre parole: la presenza del certificato non è obbligatoria ma la sua assenza potrebbe configurare un inadempimento del venditore! Bisogna pertanto distinguere se la mancanza del certificato di agibilità sia dovuta esclusivamente ad aspetti burocratici (ad esempio non è mai stato richiesto), oppure nasconde un problema più grave.
Le sentenze della Cassazione (no. 23157 del 11.10.2013 e no. 24386 del 08.02.2016) parlano chiaro: il compratore ha diritto al risarcimento danni se la casa promessa in vendita non può essere dotata di certificato di agibilità (e pertanto deve essere usata come magazzino).
Consiglio quindi di affrontare la problematica dell’agibilità ancor prima della firma del preliminare per evitare successivi equivoci. Il compratore infatti può anche accettare di acquistare un immobile senza tale certificato, ma è consigliabile che tale accordo sia messo nero su bianco.
Sono Elena Manzhos: mamma di due bellissimi figli, moglie e agente immobiliare da oltre 10 anni. Francamente, non so cosa sia più difficile. Più di 15 anni fa mi sono trasferita in Italia dall’est europa, dove insegnavo inglese. Ho sempre avuto la passione per le case; da bambina per la casa della Barbie, ora da professionista immobiliare per gli immobili lussuosi.
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