Quando si acquista una casa, la parte legata alla transazione immobiliare è di una noia mortale, perché ci sono solo documenti da preparare, mutui da sottoscrivere, imposte da pagare. E calcola che lo dico da agente immobiliare con oltre 10 anni di esperienza: amo il mio lavoro, ma mi rendo conto che la parte bella di prendere casa è riempirla di oggetti personali per farla propria.
Tuttavia, non sempre si acquista un immobile per farlo diventare prima casa: tante persone comprano case solo poi per rivenderle. Da bambini (ma anche da adulti) tutti abbiamo giocato a Monopoli, ed era divertente guadagnare soldi finti con terreni, case e alberghi, figurati quanto deve esserlo con soldi veri.
Però, affinché ci sia una maggiore corrispondenza con la realtà, io modificherei il Monopoli sostituendo le carte degli Imprevisti e delle Probabilità con un’unica grande tessera: quella riservata all’Agenzia delle Entrate.
Infatti, se nella realtà vendi un immobile che hai comprato meno di 5 anni prima e da tale vendita ottieni una plusvalenza immobiliare, su quel guadagno dovrai pagare un’imposta.
Queste righe nascono proprio con l’intento di spiegare nei dettagli la plusvalenza immobiliare, scoprendo come calcolarla, quali costi sono deducibili e in quali casi è possibile non pagarla.
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Cos’è la plusvalenza immobiliare?
Se sei un appassionato di calcio, il termine “plusvalenza” non ti giungerà nuovo. Quando una società calcistica rivende un calciatore a una cifra superiore rispetto a quando l’aveva acquistato si dice che fa una plusvalenza, e anche negli immobili il concetto è lo stesso.
La plusvalenza da cessione di immobili è un guadagno che si genera tutte le volte che un immobile, un fabbricato o un terreno viene venduto a un prezzo superiore rispetto al costo d’acquisto.
Affinché si possa parlare di plusvalenza pura, fra acquisto e rivendita non devono passare più di 5 anni, e in questo lasso di tempo l’immobile non deve essere mai stato prima casa del cedente.
Una postilla per capire quanto sia “attenta” in questi casi l’Agenzia delle Entrate: la plusvalenza immobiliare vale anche per gli immobili ubicati all’estero, l’importante è che il cedente abbia la residenza fiscale in Italia.
Volendo quindi riassumere le caratteristiche della plusvalenza da cessione di immobili come se fossero gli ingredienti di una ricetta, possiamo sintetizzare la seguente lista:
- Immobili, fabbricati e terreni (no prima casa)
- Cessione attraverso compravendita, donazione, permuta o conferimento in società
- Massimo 5 anni fra acquisto e rivendita
- Cedente persona fisica
L’ultima voce dell’elenco apre considerazioni interessanti. La plusvalenza immobiliare infatti non si applica a soggetti come ditte individuali e società, perché il guadagno ottenuto rientra nel reddito d’impresa, che quindi a sua volta è già tassato.
Come si calcola una plusvalenza immobiliare?
Per rendere il concetto ancora più semplice, proviamo a calcolare una plusvalenza immobiliare.
Poniamo che abbiamo acquistato un immobile il cui valore è di 250mila euro, e l’anno successivo siamo riusciti a rivenderlo a 300mila euro. A prima vista, il guadagno ottenuto è di 50mila euro, e di conseguenza su questa cifra si dovrebbe calcolare l’imposta relativa alla da cessione di immobili. Giusto?
Sbagliato!
In realtà, l’Agenzia delle Entrate permette di dedurre dall’imponibile quasi tutte le spese accessorie legate alle transazioni immobiliari, come le spese notarili, le provvigioni riconosciute all’agenzia immobiliare, le imposte di registro e ipocatastali, eventuali polizze assicurative e spese condominiali straordinarie.
Partendo dall’esempio che abbiamo fatto, proviamo a stilare un elenco da cui possiamo ottenere l’imponibile finale:
IMPORTO |
DESCRIZIONE |
+ 300.000 € |
prezzo di vendita dell’immobile |
- 250.000 € |
costo di acquisto dell’immobile |
- 2.000 € |
spese notarili |
- 10.000 € |
imposta di registro, imposta ipotecaria e imposta catastale pagate all’acquisto |
- 9.000 € |
provvigioni all’agenzia immobiliare |
- 2.000 € |
polizza assicurativa |
- 2.000 € |
spese condominiali straordinarie |
Calcolatrice alla mano, togliendo tutte le spese indicate il guadagno “vero” è di 25mila euro, ed è su questa cifra che andrà calcolata la plusvalenza immobiliare.
Trovato l’imponibile, dobbiamo capire quale aliquota scegliere. No, non hai letto male, ho scritto proprio “scegliere”.
Meglio imposta sostitutiva o IRPEF?
Come contribuenti siamo abituati a subire passivamente il Fisco: che si sia dipendenti o liberi professionisti, abbiamo una tassazione dei guadagni basata su regole precostituite che si applicano indipendentemente dalla nostra volontà.
Per quel che riguarda la plusvalenza, invece, accade una rarità: il soggetto può scegliere se applicare sull’imponibile un’imposta sostitutiva o se invece calcolare il tutto attraverso i canonici scaglioni IRPEF.
Qualora tu debba attuare una plusvalenza immobiliare, il mio consiglio è sempre quello di affidarti al tuo commercialista di fiducia per capire quale scelta ti permette di pagare meno tasse. Al netto di questo consiglio, proviamo comunque a ragionare su quale scelta conviene fare.
Fino al 2019 la percentuale dell’imposta sostitutiva era del 20% e lo scaglione più basso dell’IRPEF era del 23%, quindi la prima aliquota era sempre la più conveniente.
Oggi (2021) l’imposta sostitutiva è pari al 26% ed è sempre la scelta più conveniente, se il tuo scaglione IRPEF è superiore.
Considera però una cosa: quando si calcola l’IRPEF hai la possibilità di “scaricare” diverse spese, come quelle mediche, per ristrutturazioni, per la scuola dei figli e così via. Lo scaglione IRPEF, quindi, deve essere considerato al netto di tutte le spese detratte.
La plusvalenza immobiliare: caso per caso
Dopo aver parlato di imposta sostitutiva, percentuali e IRPEF mi rendo conto che l’attenzione da parte tua può essere scemata. Per facilitarti il resto della lettura, ho deciso di analizzare l’applicazione della plusvalenza da cessione di immobili su singoli casi, così puoi saltare quelli che eventualmente non ti interessano e andare dritto al sodo.
Prima casa
Se ti trovi a vendere un immobile che è stata la tua prima casa, la plusvalenza immobiliare non è un tuo problema.
Secondo il Fisco non è soggetta a tassazione la vendita della prima casa, in cui si ha la residenza, a prescindere da quanti anni siano passati fra acquisto e rivendita. L’agevolazione vale sia se l’immobile è stato prima casa del proprietario, sia se vi hanno risieduto coniugi o altri parenti, fino addirittura al terzo grado. Inoltre, la condizione vale se l’immobile è stato prima casa “per la maggior parte del tempo”.
Esempio pratico: se hai acquistato l’immobile 3 anni fa ed è stata la tua prima casa per 2, non devi pagare la plusvalenza immobiliare; se invece è stata la tua residenza solo per pochi mesi, sei assoggettato alla tassazione, perché per la maggior parte del tempo non è stata prima casa.
Seconda casa
Se l’immobile in questione è seconda casa, non vi sono scappatoie che tengano: la tassa sulla plusvalenza immobiliare è sempre dovuta, al netto ovviamente di tutte gli altri requisiti che abbiamo già esplicitato (rivendita entro i 5 anni, cedente persona fisica, ecc.).
Immobile di nuova costruzione
Finora abbiamo sempre parlato di transazioni che avevano come soggetto immobili preesistenti, sui quali si poteva calcolare la differenza fra prezzo di acquisto e di rivendita. Cosa succede se però l’immobile in vendita è di nuova costruzione e non aveva proprietari precedenti?
L’Agenzia delle Entrate pensa a tutto.
Al fine di calcolare la plusvalenza immobiliare nel caso di immobili di nuova costruzione, al posto del prezzo di acquisto si prendono in considerazione le spese di costruzione, mentre per il calcolo dei 5 anni il termine decorre da quando l’immobile ottiene l’idoneità a essere abitabile.
Donazione
Qualora l’immobile messo in vendita sia frutto di una donazione, la plusvalenza immobiliare è sempre dovuta, ma come decorrenza per il calcolo dei 5 anni si considera l’acquisto della casa da parte del donante e non la data di passaggio dell’edificio all’attuale proprietario.
Successione
Anche qui, è presto detto: sugli immobili rivenduti dopo averli ricevuti in successione non è dovuta la plusvalenza immobiliare.
Permuta
Caso interessante è quello della permuta, che si avvera quando un soggetto acquista un terreno a scopo edificatorio, salvo poi fermarsi nel bel mezzo dei lavori di costruzione per sopraggiunte difficoltà economiche. Quindi, in caso di permuta, l’imponibile su cui si calcola la plusvalenza da cessione di immobili è la differenza fra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta e il prezzo d’acquisto più le spese sostenute fino a quel momento per la costruzione dell’immobile.
Nuda proprietà
Sulla plusvalenza immobiliare di una nuda proprietà ci sarebbero diverse tematiche da approfondire, ma ti avevo promesso che non mi sarei persa in tecnicismi e intendo mantenere la parola che ti ho dato.
Sappi quindi che sulla nuda proprietà la plusvalenza immobiliare è dovuta, ma i 5 anni decorrono da quando si è acquisita la nuda proprietà, e non da quando viene a mancare l’usufruttuario.
Cessione di cubatura
E’ argomento di discussione, ma la tesi sostenuta dal Fisco è che la cessione di cubatura sia sostanzialmente simile alla costituzione o cessione di diritti reali di godimento.
Società
Nel caso di società, imprese ed esercizio di arti e professioni, la plusvalenza sulla vendita della proprietà immobiliare non si applica poiché in questa situazione, come in tutte le altre, il profitto per la vendita di un'attività è incluso nel reddito d'impresa.
Quando si paga la plusvalenza immobiliare?
Una volta calcolata e quantificata la plusvalenza immobiliare, l’effettivo versamento avviene durante l’atto di compravendita dal notaio.
Se avviene una vendita a rate, il corrispettivo viene pagato in più anni e pertanto l’imponibile costituito dalla plusvalenza dovrà essere ugualmente ripartito in ciascuno di tali periodi di imposta.
Come si calcolano i 5 anni
Ai fini del calcolo della plusvalenza, i 5 anni decorrono dalla data di acquisto dell’immobile con alcune eccezioni:
- nuova costruzione: la data in cui l’immobile ottiene l’idoneità a essere abitato;
- donazione: la data dell’acquisto della casa da parte del donante e non la data della donazione;
- nuda proprietà: la data in cui si è acquistata la nuda proprietà, e non da quando è mancato l’usufruttuario.
Quando non si paga la plusvalenza immobiliare
Come già detto, non si paga la plusvalenza immobiliare in tutti quei casi in cui:
- sono passati 5 anni dall’acquisto da parte di una persona fisica,
- il bene è stato destinato ad abitazione principale del cedente o un suo parente,
- il bene proviene da: eredità / successione, usucapione, assegnazione di beni tra coniugi in sede di separazione o divorzio e conferimento.
A proposito di conferimento, se un locale commerciale viene acquistato da un imprenditore, il quale in un secondo momento lo conferisce nella sua impresa, esso non sarà soggetto a plusvalenza immobiliare.
Termine di prescrizione dell’accertamento
Il termine di prescrizione a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per l’accertamento sulla plusvalenza immobiliare è la fine del quinto anno successivo a quello in cui si è presentata la dichiarazione dei redditi (o iva). Nel caso in cui la dichiarazione non sia stata presentata, il termine è il settimo anno.
Sono Elena Manzhos: mamma di due bellissimi figli, moglie e agente immobiliare da oltre 10 anni. Francamente, non so cosa sia più difficile. Più di 15 anni fa mi sono trasferita in Italia dall’est europa, dove insegnavo inglese. Ho sempre avuto la passione per le case; da bambina per la casa della Barbie, ora da professionista immobiliare per gli immobili lussuosi.
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